Tra i cimiteri italiani, il Cimitero di Staglieno è tra i più affascinanti. È ricco di misteri, di segreti. È un vero e proprio capolavoro, con le sue statue che si susseguono e quelle lapidi che raccontano d’antiche storie. Ma c’è una tomba che qui, al Cimitero di Staglieno, attira l’attenzione di chiunque vi passeggi davanti: è la statua di un bambino che rincorre il suo cerchio.
Sita nella parte più elevata del cimitero, rappresenta Italino. Un bimbo intento a giocare, spensierato, mentre due mani cercano di afferrarlo da dietro. Per conoscere la sua storia, bisogna tornare all’agosto del 1925. La mamma di Italino muore durante il parto ma lui ha un papà, Donatello Iacobelli, che prova per il figlioletto un fortissimo amore. E anche la gente di Genova ama quel bambino. Ama vederlo giocare per le strade della città, quasi come fosse il figlio di tutti. Spensierato, nonostante la sua vita iniziata in salita.
Il 16 agosto 1925, a Genova fa molto caldo. Italino sceglie di scendere comunque in strada a giocare col suo cerchio, in quelle strade che – ancora – le automobili solo di rado le vedevano. Sbatte però, giocando, contro le gambe d’un uomo che, in pochi attimi, commette un incredibile gesto di follia: prende Italino in braccio e gli fa fare un volo di 15 metri, giù dalle mura. La folla prova a linciare quell’uomo, tale Ludovico, che già aveva manifestato segnali di squilibrio. Ma le forze dell’ordine riescono a salvarlo. Non ce la fa invece Italino, che spirerà nella note a seguito delle ferite riportate.
Sono affollatissimi, i funerali di Italino. Sono pieni di lacrime, e di dolore per una vita strappata. Ma la memoria di quel bambino così pieno di vita, era destinata a restare. Qui, nel Cimitero di Staglieno, il suo papà fece realizzare dallo scultore genovese Adolfo Lucarini un sepolcro che rappresentasse il suo bambino. Un bimbo ritratto nel fare ciò che più amava, davanti a squilibrate mani che escono dalla terra fredda. E, sebbene la tomba sia fuori dai sentieri più battuti all’interno del cimitero e quindi poco visitata, non commuoversi – lì davanti – è praticamente impossibile. Ancora oggi, quasi cent’anni dopo.